Il rischio microbiologico connesso agli ambienti di lavoro
Il documento Inail dal titolo “La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi” realizzato grazie ad una collaborazione fra il Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro Ambientale (Dimeila) e Contarp, ha il compito di individuare quelli che sono i criteri e elaborare strumenti operativi utili alla valutazione del rischio di esposizione agli agenti biologici negli ambienti di lavoro.
Spesso si pensa che i rischi legati alla contaminazione microbiologica e alla trasmissione di agenti infettivi, riguardi solo alcuni ambienti lavorativi come ad esempio il settore sanitario, tuttavia la contaminazione, con trasmissione di agenti patogeni presenti sulle superfici, riguarda una gran quantità di ambienti lavorativi, sia Outdoor come agricoltori, allevatori e impianti di compostaggio, così come quelli Indoor come negozi, palestre, scuole, centri commerciali e uffici.
Soffermandoci su quelli che sono gli ambienti non sanitari, il documento indica come alcune infezioni causate da ceppi di Staphylococcus aureus meticillina resistente (MRSA) sono state individuate anche tra allevatori, veterinari e agricoltori. La trasmissione di simili ceppi può essere veicolata dallo stretto contatto con gli animali, oppure tramite superfici ambientali o manipolazione di carne contaminata.
Osservando i lavoratori degli impianti di compostaggio, rispetto ad altre categorie, è stata dimostrata una maggiore incidenza di prevalenza di malattie croniche legate al tratto respiratorio, allergie, irritazione della mucosa degli occhi e delle alte vie respiratorie. Ad esempio, Gutarowska et al. (2015) hanno rilevato un’alta concentrazione di microrganismi mesofili come batteri e funghi con valori compresi tra 2,9* 102 e 3,3* 103 UFC/100 cm2 su superfici di lavoro negli impianti di compostaggio. In particolare microrganismi tra cui patogeni Aspergillus fumigatus, loro frammenti, tossine e metaboliti (MVOCs: composti organici volatili microbici, endotossine e micotossine) che vengono rilasciate nell’aria durante le procedure di compostaggio con successiva contaminazione delle superfici lavorative.
Stessa sorte anche per gli addetti agli impianti di trattamento delle acque reflue o allo smaltimento di rifiuti solidi in quanto possono entrare in contatto con molti e numerosi agenti patogeni come Enterococcus spp., Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Leptospira spp., Pseudomonas spp., Salmonella typhi, Shigella spp., enterovirus, rotavirus, virus epatitici, Entamoeba histolitica, Giardia lamblia, Ascaris lumbricoides, ecc.
Per gli ambienti Indoor, nel 2005 alcuni ricercatori hanno valutato la carica batterica totale in circa 200 campioni prelevati da diverse superfici quali negozi, uffici, asili nido, palestre, ristoranti e attrezzature da gioco per bambini mostrando come il 93% dei campioni esaminati è risultato contaminato, a volte anche, con concentrazioni batteriche molto alte. In circa 60 campioni sono stati isolati anche coliformi (7%) e batteri fecali (1,5%).
Lo studio di Elsergany et al. Ha verificato che “su un totale di 224 campioni prelevati da superfici di 4 diversi centri commerciali a Sharjah (Emirati Arabi Uniti), l’80% di essi mostrava cariche batteriche totali con valori medi da 500 a 1500 UFC/cm2 (a seconda della tipologia di superficie esaminata), con presenza di Staphylococcus aureus”. Mentre Shaughnessy et al. (2013) “hanno raccolto 6480 campioni da superfici diverse (banchi, porte, tavoli mensa e lavelli e dei bagni) di 27 scuole elementari nel sud-ovest degli Stati Uniti e misurato i livelli di ATP prima e dopo gli interventi di pulizia, proponendo un approccio standardizzato per la valutazione dell’efficacia degli interventi di pulizia e per individuare range di accettabilità dei livelli di ATP negli ambienti scolastici”.
Rilevata poi la contaminazione microbiologiche anche nelle superfici di oggetti d’antiquariato come libri, manoscritti, documenti, dischi presenti all’interno di biblioteche e archivi con fonti rilevabili di Cladosporium herbarum, Cladosporium cladosporioides, Penicillium corylophilum, Aspergillus fumigatus, Penicilliumspp., Aspergillus sydowii, Rhizopus nigricans, Aspergillus usus, ecc. (ZieliÅ„ska-Jankiewicz et al., 2008). Lo studio ha evidenziato come negli ambienti di lavoro esaminati fossero presenti muffe potenzialmente patogene (allergie o tossine) e condizioni igieniche non idonee evidenziando la necessità di adottare misure finalizzate alla riduzione del rischio.
Campionamenti sono stati effettuati anche in ambienti domestici rilevando come nelle cucine di 4 case siano stati trovati batteri su 80 superfici differenti, identificando batteri appartenenti ai generi Actinobacteria, Bacteroidetes, Firmicutes e Proteobacteria. Presenza maggiori ono risultate associate a superficie deterse meno frequentemente come fornelli, porte dei frigoriferi o dei refrigeratori e pavimenti. L’incidenza di popolazioni microbiotiche sulle superfici di diversi impianti di lavorazione della carne rossa sono state identificate in uno studio del Cetin et al., 2012.
Il documento conclude e mostra come il problema della contaminazione delle superfici in ambienti lavorativi e non sia molto percepito e confermato dai monitoraggi microbiologici e come le misure da attuare per la prevenzione e il controllo della contaminazione debbano prevedere un monitoraggio microbiologico ambientale costante, l’utilizzo di disinfettanti idonei e la valutazione dell’efficacia della pulizia e disinfezione delle superfici.
Inail – Contarp - Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro e Ambientale, “ La contaminazione microbiologica delle superfici negli ambienti lavorativi”, documento a cura di Raffaella Giovinazzo (Contarp centrale), autori: Simona Barca, Luigi Caradonna, Genoveffa Giaquinta, Raffaella Giovinazzo, Elena Guerrera, Marina Mameli, Gabriella Marena, Teresa Mastromartino e Daniela Sarto (Contarp), Antonella Mansi e Paola Tomao (Dimeila), con la collaborazione di Annalaura Carducci e Marco Verani (Laboratorio di Igiene e Virologia Ambientale dell’Università di Pisa) e Anna Molinari e Eleonora Masala (Laboratorio di Prevenzione dell’Agenzia della Tutela della Salute della Brianza), edizione 2017 (formato PDF, 1.34 MB)
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