La sicurezza sul lavoro negli istituti penitenziari

Gli istituti penitenziari, configurandosi come luoghi di lavoro sia per il personale dell’Amministrazione penitenziaria sia per i detenuti, sono soggetti agli adempimenti della normativa in materia di sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/08).

A causa della sua peculiarità il contesto penitenziario costituisce, per vari motivi, un ambiente complesso. In primo luogo per la tipologia delle persone presenti al suo interno, ossia i detenuti: soggetti privi di libertà, che vivono in regime di subalternità.

Un ulteriore elemento di complessità presente negli istituti penitenziari è costituito dalle numerose tipologie di persone che operano (a vario titolo) al loro interno:

  • Detenuti: lavoranti e non lavoranti;
  • Personale dell’Amministrazione penitenziaria: agenti di polizia penitenziaria, personale amministrativo (con differenti tipologie contrattuali);
  • Personale dell’Amministrazione sanitaria (ASL);
  • Docenti del Ministero della Pubblica Istruzione;
  • Personale religioso: cappellani, ministri del culto, ecc…;
  • Volontari;
  • Magistrati, Avvocati, ecc…;
  • Agenti appartenenti ad altre Forze dell’Ordine;
  • Figli delle detenute fino ad un’età massima di 6 anni (solo in alcune sezioni detentive).

Infine, nel contesto carcerario è perennemente presente la sovrapposizione tra sicurezza intesa come mantenimento dell’ordine pubblico e sicurezza intesa come salvaguardia delle condizioni di igiene e salute dei lavoratori. Naturalmente, tra le due, la logica dell’ordine pubblico è prioritaria. Per tale motivo, ad esempio, i detenuti, pur avendo il diritto di essere formati e informati in materia di sicurezza sul lavoro, non possono far parte del Servizio di Prevenzione e Protezione e non possono essere eletti come RLS. In generale, tutte le norme presenti nel TU sulla Sicurezza sul Lavoro sono applicate in conformità con le “specifiche esigenze strutturali ed organizzative preordinate ad evitare pericoli di” (D.M. 338 del 29/08/1997):

  • Fuga
  • Aggressione
  • Attentati all’incolumità degli agenti di vigilanza e degli altri detenuti
  • Sabotaggi di sistemi
  • Atti di auto ed eteroaggressivi, di autolesionismo o di autosoppressione.

Il Direttore dell’istituto in qualità di datore di lavoro è colui che è investito della responsabilità di garantire la sicurezza sul lavoro di tutto il personale presente, compresi i detenuti. Per vigilare sull’applicazione della normativa è stato creato un apposito organismo il V.I.S.A.G. – Servizio di Vigilanza sull’Igiene e Sicurezza dell’Amministrazione della Giustizia. Tale Organismo è dotato di competenza esclusiva (art. 23 D.Lgs. 626/94 e art. 13 D.Lgs 81/08), e pertanto, a differenza degli altri contesti lavorativi, né le ASL né l’Ispettorato del Lavoro possono esercitare il proprio potere di vigilanza.

Per quanto riguarda i rischi da considerare in fase di valutazione, oltre a quelli tradizionali (ad esempio: rischio, chimico, biologico, ecc…), andranno analizzati con particolare dovizia:

  • il rischio comportamentale o psicosociale: è consigliabile effettuare una valutazione specifica indicando e predisponendo le necessarie misure di prevenzione e protezione
  • il rischio da interferenze: nell’ambito degli istituti penitenziari va considerata attentamente l’interferenza tra le attività svolte dal personale (guardie carcerarie e addetti all’amministrazione) e dai detenuti lavoranti.

Per concludere, è opportuno sottolineare come la presenza di detenuti collaborativi, informati ed addestrati in maniera adeguata, possa aiutare a limitare i danni ed a favorire i soccorsi in caso di emergenza o eventi critici.

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